mercoledì 28 novembre 2012

Le Perle di Stephen King - #3

Non tutte le barche che salpano nelle tenebre non ritrovano più il sole o la mano di un altro bambino; se la vita insegna qualcosa, ti mostrerà allora che le storie a lieto fine sono così numerose che è lecito dubitare della razionalità di chi non crede nell'esistenza di Dio.
[...] Allora vai senza perdere altro tempo, vai veloce mentre l'ultima luce si spegne, allontanati dal ricordo...ma non dal desiderio. 
Quello resta, tutto ciò che eravamo e tutto ciò che credevamo da bambini, tutto quello che brillava nei nostri occhi quando eravamo sperduti e il vento soffiava nella notte. parti e cerca di continuare a sorridere. Trovati un po' di rock and roll alla radio e vai verso tutta la vita che c'è con tutto il coraggio che riesci a trovare e tutta la fiducia che riesci ad alimentare. 
Sii valoroso, sii coraggioso, resisti. Tutto il resto è buio.

(Stephen King - IT)

domenica 25 novembre 2012

Il filo dei miei pensieri

Vi è mai successo di agganciare qualcosa con lo sguardo, qualcosa che veleggiava nell'aria ed è capitato, all'improvviso, proprio davanti a voi?
Qualunque cosa, un granello di polvere un po' più grande, quanto bastava per poterlo distinguere, una minuscola bolla di sapone mentre sfuggita dallo sfregare delle vostre mani sul vostro corpo mentre fate la doccia... o un leggerissimo filo staccatosi da qualche sciarpa o maglione, come è capitato, oggi, a me.
Avviene qualcosa di strano, sapete? Quasi una sorta di magia.
Nel consueto divenire e muoversi delle cose ecco che, senza preavviso, qualcosa che osa muoversi più lentamente, senza seguire la bacchetta del maestro d'orchestra, galleggia senza ordine e direzione di fronte a me. Sembra guardarmi, come io guardo lui. E' un filo, un leggerissimo filo bianco che svolazza irrisorio senza curarsi del vento che dovrebbe spingerlo a proseguire più velocemente il suo strano percorso.
Mi sono fermata, e per qualche istante è sembrato fermarsi anche lui, forse risucchiato dallo spostamento d'aria provocato dal mio improvviso arresto. Sono sicura che quel filo, in qualche altra dimensione o logica universale, avesse degli occhi con cui osservarmi incuriosito... forse anch'io dovevo sembrargli strana, ferma lì, in mezzo alla strada. Deve aver pensato che non seguissi gli ordini del direttore d'orchestra, ne sono quasi sicura, deve averlo pensato anche lui, in qualche modo.
Sì.
Qualche frazione di secondo, ecco quant'è durato il nostro scambio di sguardi, ma tanto è bastato a fare avvenire quella magia: per quel brevissimo tempo, tutto mi è apparso un po' più lontano, non troppo, non tanto da sentirmi estranea, ma sufficientemente da sentire più me stessa del mondo esterno; il suono leggero del mio respiro leggermente affannato dalla camminata piuttosto che il rumore delle auto, il battito del mio cuore; il lieve, lievissimo armonioso ronzio dei miei pensieri, chiari, improvvisamente solo miei senza interferenze e intrusioni. Guardando quel filo galleggiante, il mondo appariva vicino, ma faceva da sfondo.
Uno sfondo meno invadente e rumoroso di quanto non fosse di consueto.
Pochi attimi, e il filo leggero ha ripreso a veleggiare sospinto da qualche forza invisibile, ho provato a seguirlo quanto più possibile, ma è svanito presto, confondendosi con i colori dell'immagine alla quale era riuscito a sfuggire per un po'.
Sorridevo quando ho ripreso a camminare, concentrata sul rumore dei miei passi più di quanto non fossi stata da tempo immemore.
Il punto è che io l'ho visto! Il punto che lui è sfuggito all'immagine anche grazie a me, capite?
Il punto è, soprattutto, che io sono sfuggita al mondo grazie a lui. Fermandomi sono rientrata in me, ho smesso di camminare troppo avanti o troppo indietro rispetto al mio respiro, al mio cuore, ai miei pensieri.
Ero lì, ed ero io. Semplice. Grandioso.
Ho continuato a sorridere per parecchia strada, credetemi, non senza lanciare un Grazie al vento, e lasciarlo andare, al ritmo che preferiva, nel mondo.

martedì 20 novembre 2012

Le Perle di Gerald Durrel - #1

Non esiste, a mio parere, un modo migliore per descrivere l'arrivo, la "calata" dell'estate, di quello che Gerald Durrel ha scelto di "dipingere" nelle pagine di uno dei suoi libri più belli.
Se ne avete voglia, immergetevi in queste righe. Vi posso promettere che, se una volta finito di leggere chiuderete gli occhi e inspirerete a pieni polmoni, vi sembrerà di sentire i leggeri fischi dei gufi, il profumo inconfondibile del mare delle sere tiepide d'estate, il dolce gracchiare sommesso delle rane...
Bè, buon viaggio, cari lettori....


La primavera si immerse lentamente nei lunghi, caldi, assolati giorni d'estate tutti canori di cicale, stridule ed eccitate, che facevano vibrare l'isola con i loro gridi. Nei campi il granturco cominciava a gonfiarsi, mentre le seriche barbe, da castane si facevano di un biondo color burro; quando strappavi via l'involucro di foglie e piantavi i denti nei chicchi perlacei il succo ti sprizzava in bocca come fosse latte. Sulle viti l'uva pendeva in piccoli grappoli macchiettati e caldi. Gli ulivi sembravano piegarsi sotto il peso dei loro frutti, gocce levigate di giada verde tra le quali friniva il coro delle cicale. Negli aranceti, tra le foglie scure e lucenti, i frutti cominciavano a colorirsi, come se una vampata di rossore si spandesse sulle loro verdi pelli butterate.
Sulle colline, tra gli scuri cipressi e l'erica, sciami di farfalle volavano e volteggiavano come coriandoli sospinti dal vento, fermandosi ogni tanto su una foglia per deporre una salva di uova. Le cavallette e le locuste zirlavano come sonerie di orologi sotto i miei piedi; e volavano ubriache in mezzo all'erica, con le ali che scintillavano al sole. Tra i mirti si aggiravano caute le mantidi, con leggerezza, oscillando lievemente, la quintessenza del male. Erano magre e verdi, con le facce senza mento e mostruosi occhi a forma di globo, color d'oro translucido, colmi di un'espressione di intensa e predatoria pazzia. Le braccia ricurve, con le loro frange di denti aguzzi, erano sollevate in un gesto di finta supplica al mondo degli insetti, con tanta umiltà, con tanto fervore, tremando appena appena quando una farfalla volava troppo vicino.
Verso sera, quando cominciava a fare più fresco, le cicale smettevano di cantare; le sostituivano in quel compito le verdi raganelle, appiccicare sulle foglie dei limoni accanto al pozzo. Con gli occhi sporgenti e fissi come se fossero in uno stato ipnotico, i dorsi lustri come le foglie tra le quali erano accovacciate, gonfiavano i loro sacchetti vocali e gracidavano rauche e con tanto impeto da far temere che i loro corpi umidicci fossero sul punto di scoppiare per lo sforzo. Quando il sole calava c'era un breve crepuscolo verde mela che sbiadiva e diventava color malva, e l'aria si faceva più fresca e s'impregnava dei profumi della sera.
[...] Il mare era liscio, caldo e scuro come velluto nero, senza una sola increspatura sulla superficie. La costa lontana dell'Albania era confusamente delineata da un lieve barlume rossastro nel cielo. Gradualmente, di minuto in minuto, quel barlume si faceva più intenso e più vivido, diffondendosi su tutto il cielo. Poi all'improvviso la luna, enorme, color rosso vino, spuntava al di sopra dei bastioni frastagliati delle montagne, e gettava un dritto sentiero rosso sangue sul mare cupo. Allora comparivano i gufi, che vagavano da un albero all'altro silenziosi come scaglie di fuliggine, fischiando stupefatti via via che la luna si alzava nel cielo, prima rosa, poi d'oro, e infine veleggiando tra una nidiata di stelle come una bolla argentea.

(Gerald Durrel - La mia famiglia e altri animali)

venerdì 16 novembre 2012

Country roads, take me home...

Dov'è?
Dov'è casa mia?
E casa tua? Dov'è? La vedi?
Tu, dimmi, riesci a vederla?
Se ci riesci, allora sai che non è fatta di mattoni e non ha muri, né porte.
La vedi? Dimmelo, se ci riesci...perché è importante per me saperlo.
Se la vedo, mi chiedi?
Sì, la vedo. Oh sì, io la vedo...
Io la vedo, forse, da prima ancora di riuscire a parlare o a formulare pensieri che avessero un senso per questo strano mondo. La vedo da sempre, da quando ho aperto gli occhi per la prima volta e ho guardato, in qualche modo offuscato, davanti a me.
Appare, ecco quello che credo, appare davanti a chi è destinato a sognare.
E così sorridi, no? Tu non l'hai fatto? Tu non hai riso? Prova, provaci adesso, prova a chiudere gli occhi e a ricordare.
La mente forse non ci riesce, ma il cuore sì, amico mio. Il cuore ricorda tutto quello che la mente tende a nascondere, perché la mente si adegua al mondo, il cuore invece no.
Oh, stai ridendo!! Allora la vedi! La stai vedendo!
Senti una musica? Sì, lo so...spesso succede, a me succede. Batti il piede, lo vedo, i tuoi occhi sotto le palpebre si muovono, cosa vedono? Hai tirato fuori la lingua e ti sei leccato le labbra...e hai inspirato qualcosa, un profumo, che ti ha fatto allargare il petto più di quanto non avesse mai fatto da quando sei vivo.
Ecco, sì, questi sono i segni.
Hai visto quanto è bella? Annuisci, certo, perché è casa tua.
Una casa che non è fatta di mattoni e non ha muri né porte, ma solo strade e sentieri, e cieli e profumi, e musica e odori, e piedi che camminano, corrono e ballano. E i tuoi polmoni respirano e si riempiono e si riempiono e si odono risate e le fronti non sono corrugate, ma distese...distese...distese di prati in fiore al tramonto o di campi di grano oscillanti nel vento tiepido della sera; Montagne innevate, il sale del mare, milioni di milioni di stelle da contare...
...ma niente muri né porte, niente recinti o cancelli, solo spazio, tanto spazio per essere quello che sei destinato ad essere, amico mio.
La vedi? Dov'è? No! Non dirmelo! Solo tu devi saperlo, o smetterà di essere tua, smetterà di essere unica...
Non preoccuparti amico mio, siamo vicini, molto più di quanto tu creda.
Quelle case, le nostre, quelle vere, non potrebbero essere più vicine di così.
Ti va se balliamo?
Non importa se non seguiamo gli stessi passi, si balla meglio con due ritmi diversi, ci si sente più liberi...
Più liberi, amico mio...
Più liberi.