sabato 21 dicembre 2013

Gli zampognari se ne sono andati

Ma voi ve li ricordate, gli zampognari?
Io sì. Comparivano da nulla, poco prima di Natale. Camminavano lenti per le strade suonando le loro zampogne, indossavano mantelli neri e strani cappelli. Le loro facce erano rosse e dure, ma gli occhi erano dolci e liquidi, suonavano un po’ sognando e un po’ pregando, questa era l’impressione. Tornavano ogni anno, arrivavano sempre da paesi lontani, erano una promessa mantenuta. Erano lo spirito del Natale che cominciava a soffiare per le strade, insieme con la prima neve, con le luci che si accendevano, una volta, ovunque alle finestre e appese ai lampioni di quasi ogni strada della città.
Noi bambini eravamo affascinati, dagli zampognari. Io li guardavo appesa in punta di piedi alla ringhiera del balcone  mentre percorrevano a lenti passi la via dove abitavo. Li salutavo, e loro salutavano me. A volte si fermavano sotto casa mia per qualche minuto e, in quel momento, quella musica era solo per me. Lo facevano per ogni bimbo o bimba che incontravano sul loro cammino. - Natale sta arrivando, bambini…-
dicevano con la loro splendida musica. Natale sta arrivando.
E…adesso?
Adesso non ci sono più.
Lentamente hanno cominciato a sparire. Venivano sempre meno numerosi, respinti dagli sguardi freddi della gente, dai cuori induriti degli adulti che non hanno più nemmeno il tempo di far ascoltare una musica lontana ai loro bambini dagli occhi sgranati e meravigliati. Le città adesso sono quasi spente, poche luci hanno il coraggio di ornare le città…i comuni dicono che costano troppo, e poi a tante persone, addirittura, danno fastidio.
Fastidio.
Le luci di Natale.
Sapete io rispetto tendenzialmente ogni opinione, almeno ci provo, anche quando è dura. Ma non ci riesco, proprio non ci riesco, a credere che sia meglio il buio di mille e mille lampadine colorate accese. 
Che sia più bello il silenzio di una musica magica e straniera. 
Se non stiamo attenti, se diamo troppo retta ai cinici, rischiamo di spegnere luci ben più vivide e importanti di quelle delle lampadine colorate appese ai lampioni o alle finestre. Magari quelle che bruciano e brillano ricche di speranza dietro agli occhi dei bambini, le stesse luci che animano i loro cuori forti e coraggiosi.
Perché ci vuole coraggio, parecchio coraggio, a guardare noi adulti di oggi e trovarci degli esempi di speranza e gioia e bontà.
Ci vuole coraggio a vedere la magia e la forza dello Spirito della bellezza nonostante noi, nonostante le nostre facce buie, i nostri cuori cupi.
Gli zampognari se ne sono andati, le luci di Natale sono sempre meno, le musiche che ogni tanto sbocciano qua e là per le strade come fiori dal cemento vengono zittite da mille volti ingrugniti…ma gli sguardi dei bambini resistono, resistono ancora.
Quelli non si sono ancora spenti, almeno per ora.








sabato 14 dicembre 2013

Lei sta sognando, la sentite?

Questo era, più o meno, il periodo in cui da bimba scrivevo la letterina a Babbo Natale. Non le ricordo tutte, ma una sì. Se vado indietro a sbirciare negli anni e mi faccio strada tra i ricordi, mi vedo piccola, inginocchiata di fronte a un tavolino di legno, con un vestitino di lana rosa e una calzamaglia bianca. Davanti a me ho un foglio, in mano una penna, non ho ancora scritto niente. Devo pensarci bene perché, quella, è la lettera per Babbo Natale. In un qualche magico modo, i miei genitori sarebbero riusciti a farla avere proprio a lui, attraverso quel modo particolare di comunicare con i sogni, quelle rotaie invisibili ma salde, sulle quali viaggiano le merci più importanti. Se mi guardo adesso, mentre assorta e concentrata osservo il foglio bianco con la manina stretta intorno alla penna, mi viene voglia di dire a quella bimba che ero di far durare quel momento il più a lungo possibile, di non mettere giù la penna fino all’ultimo minuto prima di dormire. Ma quella bambina non mi può sentire, e forse è meglio così. Perché qualcosa le ha appena attraversato la mente e ha preso a scrivere, veloce quanto riesce, i suoi desideri sul foglio bianco.
Sta attenta a non chiedere cose troppo costose, sa che non le avrebbe. Sa che Babbo Natale deve accontentare tutti i bambini e quindi non può esagerare. Non importa se poi i suoi amichetti avranno le loro cose costose pronte sotto l’albero. Per qualche strana ragione quella bimba non chiede perché. Non a voce alta, almeno. Ha paura, lo so, che anche quel sogno possa finire. E allora scrive, fiduciosa, nel suo vestitino di lana rosa. Arriverà poi la notte di Natale, arriverà il momento di uscire sul balcone insieme alla mamma per mettere una candelina accesa fuori nella notte. Babbo Natale la deve vedere, deve sapere che deve passare anche da lì. “E se si spegne, mamma?” – “Non si spegne, Bella. Questa luce non si spegne mai.”
Certo. E così era.
Babbo Natale e Gesù Bambino non hanno mai saltato una vigilia, non si sono mai dimenticati di me.
Incredibile quanto strato metta la vita sopra ricordi così belli, sopra perle così rare. Quasi che fossero di secondaria importanza, quasi credesse che non ne dipenda, in fondo, lei stessa. O almeno quella parte di vita più vera, quella che cresce dentro, quella che parla poco, quella che è quella che non se ne va mai.
E allora, per questa sera, io me ne torno lì…
Mollo tutto e corro da quella bambina inginocchiata che scrive spostandosi, di tanto in tanto, i capelli dal viso. Mi piace il rumore della penna sul foglio di carta, mi piace sapere che in quel momento quella bimba non è sola. Non fa niente…non fa niente se io so già quello che verrà dopo. Lei ancora non lo sa.
Lei sta sognando, la sentite?
I sogni, quelli più tenaci, fanno rumore.